Neve 31

Le feste passano, i fiori restano

Le feste passano,
i fiori restano

Bene, benissimo ho compiuto i miei primi 31 anni. Il lavoro va e viene e sarei anche stufa. Capelli bianchi li ho sempre avuti, ma non resisto all’idea di tornare a fare le mèches almeno una volta al mese. Non per essere finta, per essere vera, naturale, con un colore che in natura lo ha il grano, lo hanno i raggi solari, lo ha il pane che a volte ti dispiace addentarlo. Perché non è una cosa da donne, perché è una cosa per me, perché mi accende il viso e per quelle tre ore rinchiusa fra specchi, phon a palla e parrucchieri gay vestiti di nero, leggo un libro e lascio che mi spennellino con quelle mousse bianche e dalle sfumature violette, che dividano la testa in quadrati, rettangoli, strisce e trecciolone, come farebbe uno scultore, un pittore ed esattamente il coiffeur di turno.

E insomma a 31, senti la lancetta che scorre e fai delle somme. Non che ai 30 non abbia fatto il punto della situazione, ma a 31 le cose sono finalmente cambiate. Il grigio e il caos che regnava nei miei 30 finalmente è diventato bianco, d’un bianco accecante, perché finalmente ritorno a guardare in faccia la vita vera. Sono nata in un giorno d’inverno e c’era la neve. Sempre mia madre racconta che la neve voleva raggiungere il mare in quel gennaio freddo di Sicilia. La neve quando arriva ti rimane dentro. Non è solo lo stupore, non è l’incanto di una pioggia soffice. La neve è romanticismo allo stato puro, la neve è una fotografia senza troppo nero, è una carezza.

E così sono corsa da lui, gli ho portato una fetta di torta alle mandorle e cacao, spolverata di bianco. Bella invenzione lo zucchero a velo. Un triangolo di cioccolato, da carie, perché la nostra vita amara diventa più dolce con le piccole cose. E mentre correvo la neve mi bagnava la testa e le mani e il pacchetto con la fetta di torta e all’incrocio della strada l’ho visto e mi stava aspettando. Anche lui. Sotto quei fiocchi metropolitani, che in città sembrava ci fosse meno smog. È l’uomo che mi ha riportato ai pensieri più ingenui, alle parole essenziali, uno sconosciuto che non ha avuto vergogna di trovarmi fra altre mille, che ha scombinato tutti i giochi e le scommesse, che non è stato ordinario, che in silenzio, mi ha messa alla prova e alla prova sé stesso, che ha atteso in silenzio, lasciandomi per una volta senza parole. Anzi senza fiato.

La mia mente adesso è sgombera da molte cose. Ero a leccarmi le ferite e ho capito che dovevo invece sbattere fuori tutto quello che era stato. Via tutto. Come quando si scaraventano tutti fogli per terra a due braccia e  il tavolo è finalmente vuoto, libero. C’è di nuovo spazio. Basta con le analisi e i pensieri di quello che poteva essere. Cancello tutto e torno fra le braccia di un uomo. Senza pensare troppo al futuro perché è intenso questo abbraccio e non ho voglia di pensare a niente, a cosa sarà, a cosa potrebbe diventare. Mi sento stringere finalmente, avvolta dal calore umano, da occhi limpidi. Non ho più armi di fronte al suo sorriso. Semplice e spontaneo come la neve. Che freddo, entriamo a prenderci una tazza di caffè? A volte la vita, ti riporta al via, così, su due piedi, in questa grande, fredda città.

Io ho fatto 30, non ricomincio da zero. Io ricomincio da 31.

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